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BIO/ PORTFOLIO

Si cela un velato finto misticismo, dietro quest'opera. Una luce soffusa, interrotta non dall'improvvisa e inaspettata apparizione dell'arcangelo Gabriele (come ad esempio la Bibbia ci ha trasmesso di generazione in generazione), ma di un tubo bianco, tra le mani della Vergine.
 

Questa figura, da sempre religiosamente emblematica, in questo quadro - col suo sguardo quasi sensuale - sembra indossare vesti mai avute fino ad ora nell'immaginario collettivo: quelle di una donna come tante, come tutte.

 

 

Anche il piede, rappresentato lateralmente, come richiama la crocifissione del Cristo, assume anche una valenza - oserei dire - quasi feticista.


L'artista riesce perfettamente nel suo intento provocatorio e blasfemo, inducendo chi osserva il dipinto a vedere nella religione una farsa, un insieme di ipocrisie, di mere invenzioni, rappresentate ironicamente dalla "presa per il tubo" della Vergine.

 

 

 

 

 

 

Opera donata in asta di beneficenza per Lampedusa

Christie's Palazzo Crespi,

Corso Venezia 20 a Milano il 7 Maggio 2014

 

 

 

 

 

Fiuto è un artista poliedrico. Parte dall’unitarietà di un simbolo grafico, semplice ma ben riconoscibile come sua firma stilistica. Un simbolo quasi primitivo, che viene esposto e declinato per mezzo di tecniche espressive sempre differenti. Un simbolo che diviene insolito pretesto iconico per sperimentare artisticamente il mondo metropolitano di una Milano tutta da scoprire. Nei casi più significativi, le possibilità create da Fiuto si trasformano in installazioni programmatiche, nelle quali lo spettatore diventa silenzioso protagonista di situazioni surreali quanto veritiere. E' qui che la denuncia dell’artista, la sua protesta - o semplicemente l’estemporaneità di un sentimento - trovano visibilità attraverso temi apparentemente contrastanti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                                           

                                                                                      Senza titolo

 

Un grido, una scritta, un simbolo, un colore... o l'impulso di un gesto pittorico, portano l’osservatore di fronte a un’opera intuitiva, che esplora un mondo al di là degli schemi e delle ovvietà moderne. E’ come restare sospesi tra una visione pop e dada d’imprinting contemporaneo, in cui luoghi e simboli sono meri viaggi dentro e fuori di noi. Commentatore attento di una globalizzazione linguistica, Fiuto esemplifica i canoni estetici dell'epoca del consumismo per eccellenza, riqualificando spazi e temi al limite del grottesco, usando l’ironia come arma di sottile seduzione.

                                                                                           

                                                                                                                Pasticciando: olio su tela 2017

 

          Panitratto: scultura 2019

 

 

Le sue opere sono strumenti: il corpo e lo spazio dell’artista scoprono, entusiasti, giochi e leggi d’attrazione, partendo dalla fuga dalla società contemporanea e arrivando alla ricerca dell’originario e del primitivo.

 

 

Nuove Strategie Iconiche

 

 

Scrive Cennino Cennini nel suo Trattato della Pittura:

“Giallo è un colore naturale, il quale si chiama ocria. Questo colore si trova in terra di montagna, là ove si trovano certe vene come di zolfore; […] Vi trovai questo, essendo guidato un dì per Andrea Cennini mio padre, menandomi per lo terreno di Colle Valdelsa […] E pervegnendo in uno vallicello, in una grotta molta salvatica, e raschiando la grotta con una zappa, io vidi vene di più ragioni di colori […] che ‘l tenni i maggior miracolo del mondo.”

 

Scavare, raschiare, grattare la terra alla ricerca del color giallo.

Cennino Cennini serba, nella sua scoperta, un miracolo.

Lo stesso procedimento è adottato da Fiuto, per sondare in profondità le tracce contemporanee di nuove espressioni artistiche.

Le sue opere sono il frutto di una costante volontà di manipolare il reale attraverso la collocazione indefinita di ambigui volti, scevri da ogni proposito classificatorio.

Fiuto scava nel continuo flusso di immagini che popola le nostre vite quotidiane, raschia il sottosuolo virtuale per donare identità astratte a fisionomie anonime, volti sconosciuti che si prestano ad una contraffazione irriverente.

Le “faccine” di Fiuto hanno le caratteristiche di un brand, un logo pubblicitario riconoscibile che – paradossalmente - sovverte il concetto stesso di consumo.

 

Le foto-manipolazioni rovesciano e stravolgono con ironia la nozione elementare di oggetto artistico.

 

Se è vero che l’arte è morta con Marcel Duchamp, è altrettanto noto che

i ready-made di Ruota di Bicicletta e di Scolabottiglie furono gettati nella spazzatura dalla sorella e dalla cognata dell’artista francese.

 

 

 

 

 

 

                                                                                                           Cartoteka: tecnica mista su tela 2014

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fiuto ritrova nello scarto della società il manufatto artistico e dona all’oggetto un nuovo senso ontologico.

Questa operazione riecheggia lo spirito dadaista. L'artista s’impossessa di un’immagine banale ed ordinaria, scomponendo il suo significato; talvolta lo ridicolizza, per poi investirlo di un nuovo pensiero, tessendo un fantasioso ed innovativo linguaggio espressivo.

 

I lavori di Fiuto impongono la revisione del concetto di autenticità. Sottolineano il consapevole proposito di imporre, non solo una nuova categoria di bello, ma anche di gusto.

 

Lo scopo dell’artista è quello di ricondurre le proprie opere ad una sorta di indifferenza estetica, laddove il risultato essenziale da lui raggiunto non risulti concentrato nell'aspetto burlesco dell’immagine, ma nella creazione di un nuovo ideale iconografico; votato alla valorizzazione di identità che abbiamo perduto nei meccanismi perversi di una scellerata spazialità virtuale.


 


 


 


 


 


 


 

 

 

Fiuto spazia tra gli stili e i generi del XX secolo:

dal dada alla street art passando per l'informale e la pop art. E, da ciascuno di questi movimenti e tendenze, prende in prestito un particolare, una caratteristica e li mischia alla originale libertà espressiva che lo contraddistingue.

 

 

Classe 1975. E' artista autodidatta, vive e lavora tra Milano e Berlino.

Il conseguimento della maturità scientifica lo porta inizialmente verso lo studio della filosofia. Ben presto, stufo e ingannato dalle tradizioni, conduce il suo percorso alla facoltà di matematica, per poi sbarcare definitivamente al corso triennale della Facoltà di Architettura, presso il Politecnico di Milano in P.T.U.A. - Pianificazione territoriale, urbanistica e ambientale.

 

 

ATTUALMENTE CERCA DI DISTRUGGERE TUTTA L'ARTE CONCETTUALE DI MANIERA E INTUBARLA IN PITTURA D' ADOZIONE.

 

 

 


 

 


 

Dice di sé:

Non ho mai seguito uno schema, che trovo piuttosto noioso, di tipo accademico. Amo il disegno e la scultura, e da poco mi sono avvicinato alla video-arte e alle ultime sperimentazioni linguistiche di artisti come Damien Hirst e Olafur Eliasson. Ho già realizzato diversi cicli pittorici e installazioni, ispirandomi all'iconografia della Pop americana e ai grandi temi della vita affrontati dai pittori del passato (iniziando con Picasso fino ad arrivare a Basquiat). Dal 1994 bazzicavo tra le CREW$ di Milano e i vari gruppi di writers, facendomi conoscere con il nome di Fiuto.

Utilizzo ogni mezzo a mia disposizione, per esplorare il glamour nella giovinezza e nella bellezza umana. Sono affascinato dalle persone, e mi affascina essere circondato da artisti, musicisti, cineasti e lavorare a qualsiasi progetto mi venga commissionato.

Due elementi opposti tra loro, che portano chi guarda l'opera a interrogarsi e a riflettere. La presenza di questi violenti contrasti è riconducibile all'esperienza descritta da due oggetti che hanno finalità diverse: le cosiddette faccine di Fiuto. Il contrasto non e' tra gli oggetti ma tra le proprietà degli oggetti. La loro funzione e' infatti quella di impedire la percezione realistica de on uno stile eterogeneo abbinato alle più disparate tecniche espressive, e con la consapevole.....

 

 

 

 

Milano: Cattelan/Fiuto 2013


 


 

 

 

.....ricerca della irrazionalità pittorica decostruttiva, intendo esprimere - nei miei ritratti rubati –

un linguaggio new-dada con finalità non solo estetiche ma anche espressive, alcune un po' confuse, per rompere definitivamente il concetto che vuole l'opera d'arte come risultato di un'attività intellettuale e manuale consapevole. Opera d'arte può essere qualsiasi cosa: tutto è e reale al di fuori di ogni realtà materiale.


 


 


 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fiuto L'arte della Fiuta.


Come in un’ossessione, l’artista propone la ripetizione seriale della sua logo-faccia su immagini di gente, gente che in questo modo ha perso la propria identificazione, il volto è coperto oppure un solo occhio o addirittura la pancia gravida di una donna.

Il risultato che però ne ottiene è proprio l’opposto.

Fiuto, così facendo, porta lo spettatore a farsi delle domande sul protagonista dell’opera e riporta l’attenzione su di esso. In un mondo in cui ogni giorno incontriamo centinaia di persone che ci passano davanti a cui non diamo e non vogliamo dare un nome o una storia, il nostro artista metropolitano decide di “spersonalizzarle” per costringerci a chiederci cosa questa gente stia nascondendo.

Quella di alcune sue opere potrebbe essere assemblata all’arte polimaterica, che in realtà non è una tecnica – come la pittura e la scultura – ma un mezzo d’espressione artistica rudimentale, elementare, il cui potere evocativo è affidato all’orchestrazione plastica della materia.

Non una tecnica, ma un nuovo mezzo di espressione artistica, che sostituisce la "realtà dipinta con la realtà della materia".

I confini della sua opera si allargano e l’artista comincia ad interrogare il proprio tempo e a riaprire delle ferite culturali in molti modi con nuovi linguaggi e sguardi sul mondo introducendo un’esperienza estetica totale.

Si tratta di opere che partono spesso da oggetti trovati (se non proprio da rifiuti). Ironica e sagace, la sua opera si interroga sul senso e sulla funzione dell’oggetto e del consumismo alla fine del XX secolo.

I suoi assemblaggi e installazioni di oggetti trovati possiedono una molteplicità di letture.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                          Atelier/studio Berlino 2015

Sono lavori dallo spirito esplicitamente multiculturale, incarnato proprio dalla diversità dei materiali impiegati. Materiali con i quali distrugge stereotipi e pregiudizi.

Incentrato su disegni e assemblaggi nei quali la relazione tra scrittura e interpretazione si fa più intima e profonda, nascono composizioni dei più umili oggetti quotidiani o d’uso domestico frantumati, nelle quali la distruzione ha, però, un senso positivo di cambiamento, perché l’arte, come la natura, crea anche quando sembra distruggere.

Più in generale, tutto il lavoro dell’artista è teso in primo luogo a criticare, con spirito e una buona dose d’ironia, la struttura che sta alla base della cultura dell’Occidente ricco.

Accosta oggetti e materiali di qualsiasi tipo, spesso incontrati e conservati in attesa dell’occasione propizia o della giusta composizione. Gli oggetti vengono così catapultati nel vortice della sua furia creativa.

L’accostamento degli elementi non è mai frutto del caso. Come in un rito, l’artista seleziona frammenti per determinare il racconto che gli interessa evocare.

E’ affascinante il fatto che i materiali siano gratuiti, elementi che a prima vista sembrano solo dei rifiuti.

E’ bella l’idea che le opere siano fatte con qualcosa che gli altri hanno gettato via, quindi le cose tornano ad avere una dignità ancora più alta di quella che avevano inizialmente. Se si trasforma lo scarto in arte, i materiali rinascono a nuova vita.

E’ intrigante che nell’opera siano presenti elementi del ridicolo. L’artista, infatti, inserisce il proprio pubblico in un gioco: le opere, che in un primo momento sembrerebbero capricci, seducono e acquistano valore, un significato che va oltre la pura letteralità.

La sua è un’arte complessa, come è giusto che sia. Non va bene che l’opera sia capita all’istante e si passi all’opera successiva.

Questa poi, in effetti, è la vera essenza dell’arte contemporanea, un’arte che si fa oggi e tante persone la fanno accadere, quindi il pubblico può essere spettatore anche dei processi che portano alla realizzazione dell’opera.

SCEGLIENDO NON SCARTANDO

di Armando Fettolini

 

.. e non sai mai cosa può succedere.

Dal simbolo grafico scatena un’ironica (non sempre) schizzofrenia artistica.

 

Fermo ad un semaforo in attese del verde osservo, alla mia destra, una serie di manifesti pubblicitari, tra loro, inchiodato alla parete, un dipinto con relativa cornice.

 

La sua tecnica si basa principalmente sul cosa ho a disposizione oggi. Iconico e metropolitano.

 

Chi mai appende un dipinto per strada? Rimango interdetto e piacevolmente incuriosito, il verde del semaforo mi riporta al mio tram tram e i pensieri vanno oltre.

 

Detta così appare aggrappata al caso (la sua tecnica), ma Fiuto (non a caso!) fiuta il circostante, lo manipola, lo trasforma, lo accarezza, lo violenta, lo bacia e infine: dispone e deposita.

 

A distanza di mesi e in modo del tutto occasionale, conosco un giovane e bislacco artista mentre propone ad un comune amico le proprie opere a 20/30 euro, un affare !!! Quel giovane era Fiuto.

 

Inoltre non si volta mai indietro, questa è cosa buona per un artista. Ogni conquista è il passato e il passato può diventare ingombrante, troppo per uno scatenato viaggiatore dei/nei tempi.

 

Oltre ad acquistare alcuni suoi lavori voglio conoscerlo meglio, scopro così chi era l’artista che appendeva i dipinti sui muri di Milano, non solo, se qualcuno se li portava via provvedeva a rimpiazzarli.

Messaggio a chi se li è presi: custoditeli con cura, il tempo vi renderà ladri vincenti!

 

Fiuto, all’interno dello Spazio Danseei, presenta una sola opera, o meglio una sola idea, o meglio ancora una sola filosofia, o meglio, meglio ancora, non si sa per certo cosa presenta. E’ più forte di lui, di ogni sua buona intenzione, Il suo studio è la città, i suoi strumenti la gente che incrocia, e lui stesso diventa il supporto su cui dipingere.

Timido, azzardatamente timido, quindi, desideroso di non esserlo, e dentro la sua astronave, il suo guscio, è certamente estroverso, sfacciato, sfrontato (non maleducato).

Visto in un ottica non artistica Fiuto appartiene a quella generazione di fine millennio, a quella gioventù che ha visto finire un lungo periodo di benessere e di crescita, di chiedi e ti sarà dato, quindi, come si dice, con la strada sempre in discesa. Il risveglio non è stato dei migliori, la realtà è risultata essere ben diversa, Fiuto questo lo ha capito subito e da subito ha descritto questo cambiamento epocale attraverso i suoi dipinti, collages, stratificazioni di materiali, ripensamenti pittorici, performances. Le sue opere sono diari di tempi andati, rinati ad una nuova necessità, sua, interiore ma anche pratica.

Pensare a Fiuto collocato in una corrente artistica è circoscrivere la sua creatività, quindi impossibile, mi limito a dire che, conoscendolo da vicino (è mio assistente, ogni quando lo ritiene necessario), ne fa delle belle ... e non sai mai cosa può succedere.

 

 

 

Negli anni effettua collaborazioni presso alcune gallerie d'arte milanesi come allestitore e archivista, assistente di galleria per mostre e art promoter vedi galleria Gio' Marconi via Tadino Milano anno 2005/6, galleria San Lorenzo via Giannone Milano i, galleria Artelier, I Mercanti dell'arte nel ruolo di consulente d'arte venditore, e infine come direttore artistico presso galleria Orler Marcon (VE) per programma tv: ARTETV LAB.

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